Fan cooler mon amour: io amo la natura, ma la natura non ama me

In questi giorni di caldo caldissimo, lavorare a 40 °C in una cucina senza aria condizionata, mi ha portato a prendere alcune decisioni e ad affrontare alcuni momenti catartici.

Decisione I: sposto l’esame dell’8 settembre al 28 settembre, il giorno prima di partire per Saragozza, a meno che, il Polimi non imploda per via di questa mia decisione. Il motivo è che lavorando 40 ore la settimana e avendo pochissime ore di pausa tra un turno e l’altro ed essendo distrutta la sera, non riesco a capire nemmeno quello che leggo.

Momento catartico I: l’altro giorno sono andata a pulire una nuova ala del castello e sono stata vittima della sindrome di Stendhal di fronte alla ricchezza e alla bellezza dei giardini e delle sale che compongono questa parte…ci sono anche le canoe per farsi il giro sul lago.

Momento catartico II: che coincide anche con momento ghost busters. Stavo pulendo col mocio uno scalone in marmo, da sola. Il mio metodo è: faccio un passo in avanti e pulisco lo scalino dietro di me. Risalendo la scala ho notato che c’erano delle impronte e sono traslita in maniera agghiacciante considerando che le orme non erano le mie, ero sola in quell’ala e che era tutto buio pur essendo le 9 di mattina. Com’è possibile?????? Non me lo sono ancora spiegato e ho evitato accuratamente di parlarne con le mie colleghe per non farmi prendere in giro.

Momento catartico III: ieri sono andata in piscina. In un’altra ala del castello c’è una graziosa piscina con trampolino in stile americano che mi ricorda un pò A bigger splash di David Hockney (1967): dopo aver percorso un porticato scavato nella roccia e un gazebo in marmo, in cima a una collina si trova questo posto idilliaco da cui si può ammirare tutto il lago, ma protetti da una selva di alberi. Ti dà l’idea di essere fuori dal tempo e dallo spazio.

Momento catartico IV: che coincide con momento into the wild e con momento E.R. medici in prima linea, passando per momento Mc Giver. Ieri sera ero davvero un catorcio: la dermatite a causa della cuffietta da curatrice di ramarri mi aveva devastato la fronte, mi sentivo grassa come una balena, avevo prurito ovunque, le glicemie alte e soprattutto mi ero resa conto che dopo essermi strappata il catetere col cerotto-agocannula annesso “perchè tanto lo cambio dopo la doccia”, mi ero resa conto di non avere un cerotto-agocannula annesso e quindi mi prospettavo una intera notte senza insulina fino al mattino successivo, ovvero coma diabetico. Dopo il momento di agghiacciante devastazione che mi aveva pervaso ho deciso di calmarmi e vedere il da farsi. Per orgoglio non volevo chiamare i miei e dire loro di portarmi il materiale necessario (sarebbe stavo un motivo in più per punzecchiarmi ogni qualvolta lo avessero ritenuto necessario “non sei in grado di badare a te stessa/dove vuoi andare/cosa vuoi fare”) e in ogni caso, l’ingresso del castello chiude alle 22.30 massimo avrei quindi dovuto aspettare la mattina successiva verso le 7; sarei morta lo stesso. Ho ravanato nel mio beauty-diabetico e ho trovato un vecchio ago usato non so più quanti giorni prima per cambiare il set d’infusione [SPOILER: non fatelo leggere a bambini/non fatelo a casa]. Per avere un’idea di quello che mi accingevo a fare vi do questi due brevi link [1] e [2]. Ovviamente io questi parametri e queste norme non le rispetto quasi mai, figuriamoci in una situazione di emergenza. Come Mc Giver mi sono ingegnata e ho trovato una salvietta sterilizzata sempre nel beauty e ho pulito bene bene l’ago e reinfilato nel vecchio cerotto con tubicino di teflon che avevo staccato poco prima. Stavo quasi per procedere alla dolorosa operazione (di solito addormento prima la cute con dell’etere) quando sento un ronzare potentissimo e un brivido che mi scende lungo la schiena: un calabrone grande come il mio dito indice era entrato in camera.

Ricordando l’esperienza precedente (un calabrone la settimana prima era entrato in bagno mentre mi stavo facendo il bidet ed ero fuggita a gambe levate smutandata), sono di nuovo fuggita fuori dalla camera (smutandata, ma con addosso i pantaloni della divisa) e ho chiamato la mia vicina di camera per aiutarmi a cacciarlo fuori, per poi scoprire che era allergica ai calabroni e toccandolo sarebbe andata in shock anafilattico. In qualche modo riesce ad abbatterlo, nello stesso arco di tempo in cui riusciamo ad abbattere a ciabattate un’ aracnide e un’ape che inspiegabilmente volava raso-pavimento facendo un casino assurdo e che io avevo scambiato per il calabrone credendo di avere le allucinazioni. Fatto sta che non si capisce dove sto calabrone sia andato e io rimango sola col mio terrore e siamo già a un’ora buona senza insulina. Decido di farmi coraggio e cucirmi la pancia come posso, per cui inserisco quel covo di germi che è il set d’infusione posticcio e lo rattoppo con 3 cerotti per tenere fermo tutto. Nel frattempo ogni minimo rumore mi provoca attacchi cardiaci e/o emboli. Nonostante i 28 °C, decido di dormire con persiane chiuse e lenzuolo fin sopra la testa. L’impalcatura sulla pancia supera la notte e, dopo svariati incubi in cui calabroni malvagi mi attaccano e mi uccidono, mi sveglio e mi cambio.  Nel momento in cui tiro su la divisa dalla sedia sento di nuovo il tremendo ronzio e scappo di nuovo fuori dalla camera (in mutande e canotta svergognatamente stretch): il terribile mutante si alza in volo e dopo una scrollata vola fuori dalla stanza. Quel cretino era rimasto tutta la notte acquattato tra i miei vestiti e boh forse aveva anche dormito/deposto uova che nasceranno nei miei intestini devastandomi dall’interno (uno degli incubi di stanotte). La mia disperazione non ha toccato minimamente le mie colleghe che non hanno nemmeno sorvolato l’ipotesi di farmi cambiare camera, concludendo semplicemente e in modo decisamente rassicurante:”forse c’è un nido di calabroni sopra la tua stanza”. Come tranquillizzare le persone. Durante le sei ore di lavoro ogni movimento mi causava prurito/dolore e mi figuravo i germi che infettavano il mio corpo. Alle 14.30 sono potuta uscire e andare a prendere un set sterile e cambiare tutto. Sono poi passata da casa di A., che ora è in vacanza, per vedere se il pesce era ancora vivo (ha un pesce con il crestone a cui cambia nome giornalmente) e prendermi il ventilatore (che saggiamente mi porterò a lavoro, dovendo dormire con le persiane chiuse), per poi notare delle uova di quaglia sbattute sul terrazzo di fronte alla porta d’ingresso insieme a della paglia (il motivo mi è oscuro, ho sorvolato).

E poi la gente si chiede come mai sono stanca la sera.

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